Iniziamo a conoscere Francesco ed Elisa, i prossimi ospiti di TDS, che ci introducono ciò di cui ci parleranno domenica 20 novembre: la loro esperienza in Mozambico.
Una bella foto di un leone maschio, accovacciato nel mezzo della savana africana. Questa è l’immagine che la gente si aspetta di vedere quando rientro per una breve vacanza dal mio lavoro in Mozambico. E’ solo quando qualcuno decide di venirci a trovare che si rende conto che fare una foto ad un leone non è cosa da tutti i giorni. Più o meno come vedere un lupo in Italia. Tanti chilometri, polvere, sole bruciante e lunghe ore a scrutare un orizzonte sempre uguale, e per lo più senza animali. E soprattutto alla fine del fine settimana di “caccia” nel parco è probabile che del leone non si vedano neppure le orme.
Dall’Italia lavorare in Africa appare bello ed entusiasmante, e un po’ è colpa nostra: anche noi siamo spesso tentati di mostrare solo il primo piano del leone, per lasciare tutti a bocca aperta.
Così questa volta vorrei cercare di raccontarvi qualcosa in più della caccia, invece che del trofeo.
Josef ha 14 anni e oltre ad essere disabile (tetraplegico) è orfano di entrambi i genitori. Appena scendo dalla macchina e lo identifico penso “ecco il nostro beneficiario, un bambino disabile nel bel mezzo del nulla, una sfida interessante”. Ma basta un attimo per rendermi conto di quanto la sfida sia impossibile. Dietro Josef c’è la zia, completamente cieca, che segue l’andatura traballante del ragazzo aggrappandosi alla sua maglietta. Con lei ci sono due bambini molto piccoli che come spesso accade in Mozambico sono “figli di padre sconosciuto”. Siamo spiazzati, Non si capisce più chi accudisce chi. Intorno a loro una capanna circolare semi distrutta, senza pavimento, senza letti, senza niente… sedie, lenzuola, tavolo, acqua, elettricità… niente.
Il lavoro con la famiglia di Josef è una caccia al leone quotidiana. Per coprire i venti chilometri di strada di sabbia impieghiamo circa un’ora in 4×4. Poi inizia un lavoro paziente di accompagnamento di persone disabili, analfabete, senza mezzi di auto sussistenza. Ed in mezzo alle urgenze e alle tante attività in programma su tutto il distretto riusciamo a raggiungere Josef solo una volta al mese, per portargli qualche chilo di riso, fagioli, zucchero e sapone.
Ora la domanda è: qual è la nostra caccia personale?
Il nostro lavoro corrisponde, per farvi capire, alla gestione di una cooperativa sociale in Italia.
Principalmente è la caccia a soluzioni intelligenti e lungimiranti, adatte ad un contesto economico e sociale con scarse risorse.
E poi ore e ore passate in ufficio al computer a scrivere relazioni, consapevoli che poche persone al mondo le leggeranno, ma nonostante questo ci intestardiamo nel pretendere che siano vere e non solo un collage di frasi superficiali con numeri e percentuali inventati.
Lunghe discussioni con i colleghi mozambicani, per fare loro comprendere che le nostre azioni non possono solo essere un modo di spendere “il budget” a disposizione, ma devono portare a dei risultati concreti per i nostri beneficiari, anche e soprattutto se i donatori dall’Italia potrebbero, in fondo, non accorgersene.
Riunioni con le istituzioni per raggiungere compromessi di cui spesso non siamo soddisfatti.
Quando non riesco a prendere sonno pensando ai problemi che non sono riuscito a risolvere in ufficio, e mi aspettano al varco il giorno dopo, mi tormenta la domanda: ne vale la pena?
Da quest’anno Josef e la sua famiglia hanno una capanna nuova. E’ solo un inizio, e ci sono tanti altri Josef sparsi per la campagna di Vilankulo che ancora ci aspettano, ma non c’e’ dubbio che Josef sia uno dei nostri leoni. Nonostante tutte le difficoltà, la foto di sua nonna sorridente, davanti alla porta della sua nuova casa è il nostro trofeo.
Si! Ne vale la pena!
Francesco e Elisa